Autori ad Honorem: Giulio Guastalla

Autore ad honorem l'amico Giulio Guastalla.
Con Arpa Speciali (in foto il papà Giordano Guastalla) dal 1997 si occupa di specialità fertilizzanti con una particolare attenzione ai prodotti per fertirrigazione.
Una passione, quella per "l'iniezione", che lo vede protagonista nel continuo studio di nuovi blend.

MicroIrrigo! pubblica oggi un articolo nel quale Giulio riporta indicazioni importantissime e "di Peso" per affrontare in modo competente la pratica della fertirrigazione.
L'articolo è decisamente tecnico per cui...allacciate le cinture! 

 
Alcuni consigli PRATICI per fare bene la fertirrigazione
di Giulio Guastalla Arpa Speciali


Perché fertirrigare ?

La nutrizione delle colture è uno degli aspetti più importanti della produzione.
Essa infatti influisce fortemente sia sulle quantità che sulla qualità del raccolto ed esercita una indubbia influenza anche sull’aspetto sanitario delle colture e sulla loro resistenza agli attacchi degli agenti patogeni .
Le risposte che occorre conoscere per effettuare una efficace concimazione sono:
  • Quanti e quali elementi nutritivi distribuire
  • Quando devono essere disponibili
  • Come ottimizzare la loro efficienza riducendo gli sprechi ed evitando carenze.

  1. Quanti e quali elementi

Tutte le colture per svilupparsi in modo adeguato e produrre necessitano come ben sappiamo di macro , meso e microelementi
N,P,K,Mg,Ca,Fe,Mn,B,Zn,Cu,Mo…

Questi elementi nutritivi non devono mai mancare nelle giuste quantità; se anche uno solo di questi elementi non raggiunge la soglia minima , che è tipica per ogni coltura, per ogni fase colturale, per ogni suolo e clima, la pianta riduce conseguentemente il suo potenziale produttivo, allontanando le rese dalla situazione ottimale.
Le necessità in termini quantitativi dipendono anche dal livello produttivo atteso. Per questo si consultano le tabelle delle asportazioni delle colture, moltiplicando i coefficienti dei singoli elementi per le rese previste.
Il rapporto tra i singoli elementi nutritivi varia invece con la fase colturale e non con la resa attesa.

Nel bilancio va anche tenuto conto del quantitativo di elementi nutritivi che il terreno sa rendere disponibili, e i tempi di questa disponibilità .
Ci sono poi elementi nutritivi che sono indesiderabili, o perché deprimono le produzioni in alcune colture sensibili, (ad esempio il cloro) o perché peggiorano le caratteristiche chimico fisiche del suolo ( ad esempio il sodio) o perché si accumulano nei tessuti vegetali creando problemi per il consumatore (ad esempio metalli pesanti ) . A volte quest’ultimo caso può anche riguardare elementi normalmente fondamentali, se disponibili in dosi eccessive ( ad esempio nitrati).

Gli eccessi di singoli elementi ( soprattutto microelementi) determinano spesso fitotossicità e/o squilibri dell’assorbimento di altri.

  1. Quando devono essere disponibili

Le piante tentano di assorbire tutti i giorni e in misura differente a seconda della fase colturale e dell’andamento climatico i singoli elementi nutritivi.
Se esprimiamo i rapporti tra i singoli elementi, e soprattutto i macroelementi (azoto, fosforo e potassio) in base alle curve di assorbimento di ognuno di essi, troviamo che il loro rapporto cambia durante la coltura.

Se ad esempio durante la fase di attecchimento o durante la fase vegetativa può prevalere un rapporto 1:1:1, in seguito le esigenze in termini di potassio tendenzialmente aumentano più delle altre e in fase produttiva è più frequente un rapporto di assorbimento tipo 2:1:4.

Per i meso- e i microelementi il discorso è un po’ diverso: gli assorbimenti avvengono normalmente durante tutto il ciclo colturale, ma alcuni picchi di maggiore richiesta differenti per ogni elemento si registrano in determinati momenti del ciclo colturale, come ad esempio il boro in fioritura o il calcio durante l’ingrossamento dei frutti.
Anche la concimazione post raccolta riveste un ruolo importante nelle colture pluriennali, poiché consente un accumulo di sostanze di riserva all’interno della pianta e permette una migliore ripresa all’inizio della stagione successiva, magari in un periodo dell’anno nel quale le fertirrigazioni non sono ancora possibili.

  1. Come ottenere la massima efficienza dei concimi

La pratica tradizionale della concimazione consiste nel distribuire concimi in forma granulare o liquida in due principali modalità e momenti: la concimazione cosiddetta di fondo, durante il periodo di riposo della coltura, o, nel caso delle colture annuali, prima dell’impianto ( trapianto o semina) ; e la concimazione in copertura, con coltura in atto, che a sua volta può essere effettuata in più interventi.

Un maggior numero di interventi in copertura consentirebbe di avvicinare le dosi e i rapporti nutritivi ai tempi e ai ritmi di assorbimento della coltura, ma il costo dell’operazione aumenta con il numero degli interventi, per via del maggiore impiego di macchine e manodopera.
E’ evidente che con questa tecnica, anche nella migliore esecuzione, la concimazione avrà una scarsa efficienza.

Al momento della concimazione di fondo non avremo alcuna idea delle condizioni climatiche che seguiranno, e inoltre occorrerà distribuire grandi quantità degli elementi, soprattutto quelli poco mobili come fosforo e potassio, per avere una ragionevole probabilità che gli apparati radicali li trovino e li assorbano.
Questo determina un pericoloso accumulo di sali in alcune zone , in una fase della coltura in cui l’apparato radicale è particolarmente sensibile alla salinità.
Durante la stagione, gli andamenti climatici e le fasi colturali determineranno maggiori o minori assorbimenti, perdite per dilavamento o per evaporazione, senza che l’agricoltore possa intervenire.
Il terreno più o meno argilloso, la sua capacità di scambio, la reazione ( pH) più o meno alcalina, o acida , il contenuto di calcare, influiranno sulla disponibilità degli elementi, come nel caso della retrogradazione del fosforo, o della insolubilizzazione del ferro, solo per citare i casi più frequenti.
Per ottimizzare l’efficacia dei fertilizzanti apportati occorrerebbe dunque aggirare il “problema suolo”evitando le insolubilizzazioni, e distribuire i concimi in modo che le loro unità nutritive siano disponibili solo quando la pianta ne ha bisogno, né prima e né dopo, e nella giusta quantità.
La fertirrigazione è l’unica tecnica che consente di farlo, per di più senza costi aggiuntivi ma anzi sfruttando la sinergia di assorbimento con l’acqua, altro fondamentale fattore produttivo.
La fertirrigazione è una tecnica molto utile anche perché consente di somministrare alle colture in maniera accurata e precisa le unità fertilizzanti necessarie, all’interno di una soluzione nutritiva con salinità contenuta, tale da non danneggiare i peli radicali più sensibili , che sono anche quelli dotati della maggiore capacità di assorbimento.
Lo sviluppo della coltura potrà essere assecondato, guidato o corretto con il sapiente uso della fertirrigazione.
Le quantità di acqua e di fertilizzanti distribuite saranno sempre inferiori, a parità di produzione, rispetto a quelle applicate con qualunque altra tecnica.
Un errore purtroppo frequente in alcune aree frutticole italiane è quello di irrigare a goccia senza fertirrigare.
In questo modo si determina un dilavamento dei fertilizzanti presenti nel suolo verso la periferia delle zone esplorate dalle radici assorbenti, che invece tendono a concentrarsi nell’area al di sotto dei gocciolatori.
Questi accumuli alla periferia della “cipolla” esplorata determinano anche spesso concentrazioni saline dannose per le radici che li raggiungono.

Dunque la fertirrigazione è la migliore tecnica per concimare; ma come tutte le tecniche occorre farla bene.

Come fare bene la fertirrigazione

Qui le domande cui dobbiamo rispondere sono:
  • quale tecnologia usare
  • quali prodotti (mezzi tecnici)
  • modalità, quantità e tempi, ovvero come gestire la tecnologia e i mezzi tecnici

  1. la tecnologia
Prima premessa tecnologica per una efficiente concimazione è che l’impianto di irrigazione sia progettato a regola d’arte.
L’uniformità di erogazione è fondamentale, ovvero la quantità di acqua distribuita nell’unità di tempo deve essere il più possibile uguale in ogni parte della superficie coltivata: e deve essere ben conosciuta.
Occorre sapere quanti gocciolatori insistono su un ettaro, e quanta acqua ognuno di essi eroga in un’ora. L’uniformità deve essere superiore al 90 % intendendo con questo che tra un gocciolatore e un altro qualsiasi del campo non devono esserci differenze di portata superiori al 10 %.
Il controllo di questo parametro si effettua facilmente, ponendo bicchieri graduati sotto differenti gocciolatori, scelti a caso.
Se i dati non sono ottimali ( minore è la variazione e meglio è ) ciò può essere dovuto ad una progettazione non adeguata, ad una scelta di materiali ( ala gocciolante ) di qualità scadente, oppure anche a problemi di ostruzioni dei gocciolatori; in questo caso è necessario un approfondimento sulle cause e un approccio specifico per la risoluzione del problema.
Se il terreno è in pendenza occorre che ad ogni punto goccia corrisponda un gancio rompigoccia, oppure può essere utile usare il classico gocciolatore a bottone inserito nel tubo di polietilene.
Se l’impianto di erogazione è sottoterra (subirrigazione) è buona norma avere previsto in progettazione un contatore volumetrico che controlli la esatta erogazione nel tempo dei gocciolatori , qui non visibili.
Se l’erogazione è uniforme, sarà anche uniforme l’erogazione dei concimi in fertirrigazione, e a questo punto si tratta di decidere quale sistema usare per inserire il fertilizzante nell’acqua.
Sostanzialmente i metodi di fertirrigazione sono tre:

quantitativo, proporzionale e a sensore.

Nel metodo quantitativo si tratta sostanzialmente di decidere quanto fertilizzante deve essere distribuito nel settore irrigato, e si concentra l’attenzione sul modo più pratico per distribuirlo.
Sistemi quantitativi possono essere considerati :
la classica (ahimè) botte ( spesso quella dell’atomizzatore ), collegata mediante un tubo all’impianto, che per “depressione” aspira una soluzione fertilizzante concentrata.
Questo sistema non permette alcun serio controllo sulla concentrazione in termini di grammi /litro del concime nell’acqua. Finita la botte si è finita la fertirrigazione.
Se è vero che se l’acqua va dappertutto nelle stesse quantità così sarà anche per il concime, è anche vero che la concentrazione di sali nella soluzione varia durante la concimazione, passando da valori molto elevati (= tossici) all’inizio della concimazione a valori molto più bassi man mano che si diluisce il prodotto.
Simile è il caso del fertilizzatore a pressione differenziale che se non altro presenta il vantaggio di poter regolare la durata della fertirrigazione e in questo modo ( con un tempo lungo) si riduce il rischio degli eccessi di salinità iniziali.
Ma le quantità somministrabili per ogni settore sono legate alla dimensione della tank, e almeno ogni volta che si cambia settore occorre riempire con nuovo prodotto.
La temperatura della cisterna si abbassa fortemente con lo sciogliersi di alcuni prodotti e questo determina a sua volta riduzioni di solubilità e precipitazioni intasanti.
Occorre inoltre che il sistema sia ben filtrato per evitare che fertilizzante insoluto possa andare a intasare i gocciolatori.
Un più sofisticato sistema quantitativo è rappresentato dalle pompe elettriche prive di sistemi di controllo volumetrico.
Queste sono pompe che iniettano precise quantità di concime nell’unità di tempo, senza tenere in alcuna considerazione se avvenga o meno il passaggio dell’acqua.
Nella malaugurata ipotesi di assenza di acqua nell’impianto, dovuta ad un qualsiasi problema, queste pompe continuerebbero a iniettare concime ( in questo caso soluzioni concentrate ) nell’impianto causando probabilmente ingenti danni alla coltura.
E’ bene pertanto se si fa uso di questo sistema dotarlo di controlli ( pressostato, contatore, ecc) .
Passando ai sistemi proporzionali, con questo termine intendiamo tutti i sistemi che sono in grado di inserire nell’ acqua di irrigazione un quantitativo di soluzione proporzionale all’acqua che passa.

In questo temine comprendiamo anche tre sistemi che realmente proporzionali non sono, ma che agli effetti pratici possono essere considerati tali.

Uno è rappresentato dalla pompa idraulica Amiad, un altro dalla pompa idraulica Tmb , il terzo sistema è il cosiddetto sistema Venturi.

E spiego perché.
La pompa Amiad e la pompa Tmb operano grazie ad un pistone idraulico mosso dalla pressione stessa dell’impianto.
E’ un motore ad acqua, molto preciso, che non opera se non c’è alimentazione ( e dunque in mancanza di acqua non inietta) ma la cui portata è data dal numero di pulsazioni del pistone nell’unità di tempo, e questa a sua volta dipende dalla pressione ( e non dalla portata) .
Se la pressione è mantenuta costante nel tempo , il sistema diventa estremamente preciso e lo consideriamo proporzionale nel senso che per tutta la sua azione inietta una concentrazione costante di fertilizzante, dunque mantiene una proporzione costante di concime in soluzione.

Lo stesso discorso per il sistema Venturi, che ha il vantaggio di essere praticamente esente da manutenzione, di costare poco, ma lo svantaggio di consumare energia in forma di pressione anziché di acqua (dissipa circa 1/3 della pressione di entrata per lavorare decentemente) e soprattutto di essere molto sensibile alle variazioni di pressione (nel senso che piccole variazioni di pressione determinano grandi variazioni di portata di fertilizzante)
 Il sistema Venturi diventa un ottimo sistema di iniezione se gestito attraverso una centralina che sia capace di controllo,volumetrico o a sensore, come avviene sui moderni banchi di fertirrigazione.

Fertilizzatori di tipo realmente proporzionale sono i Dosatori Idraulici Proporzionali: in essi l’azione del pistone idraulico è regolata da una ghiera nella quale è possibile decidere il rapporto % di diluizione della soluzione; ovvero per ogni quintale di acqua sarà possibile decidere quanti litri di soluzione iniettare. Per contro, esistono vari modelli da scegliere a seconda delle quantità richieste e delle portate dei settori irrigui; e settori grandi richiedono modelli costosi.
Rispetto a pompe come la Amiad inoltre sono più delicati perché l’acqua motrice attraversando il motore può determinare se non ben filtrata danni al pistone idraulico.

Poi ci sono pompe elettriche o pneumatiche proporzionali, che leggono impulsi o di contatori volumetrici o di sonde pH o EC, e reagiscono iniettando quantità maggiori o minori di fertilizzanti ( iniezioni più o meno frequenti) a seconda de dati ricevuti.

Un passo successivo è dato dai sistemi computerizzati, che oggi riescono comodamente a gestire in contemporanea da 4 a 8 pompe fertilizzanti differenti, per ognuna delle quali è possibile impostare un rapporto di proporzionalità differente con l’acqua di irrigazione, con tempi di risposta dell’ordine di secondi , oppure il mantenimento di una concentrazione salina voluta ( EC) nella soluzione finale e di un pH costante grazie all’assorbimento delle varie pompe secondo un prestabilito rapporto( fertirrigazione a sensore) . Queste tecniche sono utili e anzi fondamentali soprattutto nelle cosiddette coltivazioni idroponiche, dove il suolo non ha alcuna interazione con gli assorbimenti e la soluzione nutritiva erogata in intervalli brevi e frequenti raggiunge direttamente le radici e deve pertanto essere perfettamente controllata.
Per le colture in suolo il migliore impianto tecnico per la fertirrigazione è quello che consente un controllo proporzionale dei volumi erogati, magari accompagnato da una visualizzazione dei valori di pH e Ec, anche di sola lettura.
Più che sofisticato in realtà è importante che sia affidabile in termini di precisione e di durata . 

Una volta scelto il sistema di iniezione del fertilizzante è importante anche dimensionare in modo adeguato la sua portata alle necessità dell’impianto.
Poiché la concentrazione ottimale di fertilizzante idrosolubile nella soluzione figlia ( quella cioè che giunge alle piante attraverso il gocciolatore ) oscilla tra 1 e 2 per mille ( cioè un grammo /litro o un Kg/Mc) e la diluizione necessaria nella vasca contenente la soluzione madre è di circa il 10 %, dovremmo dotarci di un impianto di fertirrigazione capace di inserire in ogni metro cubo di acqua di portata del settore un volume che varia da 10 a 20 litri di soluzione concentrata.
Se ad esempio il settore ha una portata oraria di 20 metri cubi, la pompa di iniezione o le pompe, se sono più di una, dovranno complessivamente poter iniettare con una portata che vada da 200 a 400 litri /ora , per il tempo voluto .

Altra cosa da dimensionare sono le Tank nelle quali si scioglie il fertilizzante.
La capacità dovrebbe essere almeno quella che consente un intervento completo di fertirrigazione su tutta la superficie: ad esempio,se si opera su 10 ettari e si sceglie di distribuire 15 Kg/Ha a intervento, la capacità di stoccaggio della soluzione concentrata dovrebbe essere almeno di 10 ettari x15 Kg x 10(diluizione 10%) = 1500 litri.

  1. La scelta dei concimi
I concimi da impiegare devono avere determinati requisiti:
    • ovviamente devono contenere gli elementi nutritivi nella maggior concentrazione possibile per ottimizzare il costo e la movimentazione e avere il minor possibile contenuto di inerti.
    • Devono essere totalmente solubili: è assolutamente sconsigliabile oltre che antieconomico usare concimi adatti alla distribuzione tradizionale sciolti in acqua: gran parte del prodotto “attivo” resterà insoluto in fondo alla vasca, e oltre a non avere valore nutritivo può determinare seri danni (intasamenti) all’impianto di irrigazione.
    • L’aspetto fisico, a differenza di quanto accade per il concime granulare tradizionale, non ha una grande importanza: una volta sciolto in acqua il concime si dissolve completamente dissociandosi negli ioni che lo compongono. Tuttavia si tende a preferire un concime uniforme , microcristallino, perché più rapido a disciogliersi. Anche l’impaccamento del prodotto, se da un lato disturba il dosaggio, dall’altro è indice di elevata igroscopicità e dunque di alta solubilità, che è un pregio in un concime idrosolubile: ovviamente la composizione influisce sulla tendenza all’impaccamento, che è ad esempio maggiore in concimi con più elevato titolo di azoto nitrico e ammoniacale. L’uso di antiimpaccanti spesso deprime la solubilità.
    • Se sono già in forma liquida i concimi per fertirrigazione devono essere il più possibile concentrati per ridurre il costo di trasporto dell’acqua che li veicola: il confronto economico tra fertilizzanti va fatto a parità di materie prime sul numero delle unità fertilizzanti contenute e non sul volume o peso. Devono inoltre essere vere soluzioni e non sospensioni, che poi depositano se non agitate e comunque possono depositare lungo le condotte., intasandole.
    • Quando sciolti in acqua, se solidi, o sul tal quale se liquidi, devono avere una bassa salinità e un pH controllato neutro o meglio leggermente acido.
Tra due concimi aventi stessa composizione in termini di azoto fosforo e potassio andrà preferito quello che ha minor salinità a pari concentrazione.
La solubilità da sola non è un parametro sufficiente a determinare un buon prodotto da fertirrigazione.
La solubilità deve comunque essere elevata ma occorre considerare che concimi a più elevato contenuto di azoto devono essere normalmente più solubili di concimi più ricchi in potassio o fosforo.
Tra i concimi potassici i più solubili sono quelli che contengono cloro, ma sono anche quelli di peggiore qualità.
    • La soluzione deve essere stabile e senza precipitati , siano i fertilizzanti che la generano liquidi, o solidi sciolti alle concentrazioni indicate dal produttore. Le solubilità massime vengono di solito indicate a temperatura di 20° C in acqua distillata, per avere un parametro di riferimento comune a tutti: a temperature più basse e con acque ricche di carbonati le solubilità attese si riducono in proporzione.
    • Non devono contenere elementi tossici, dannosi o semplicemente non voluti.
    • L’azoto può essere presente nelle tre forme, nitrica, ammoniacale e ureica. Una buona dotazione in forma nitrica rende il fertilizzante più pronto nella sua azione, e questo fatto è un pregio nella fertirrigazione che fa uso di dosi piccole e frequenti , a immediata risposta.
    • Il fosforo deve essere in forma ovviamente totalmente solubile e inoltre non facilmente retrogradabile, meglio dunque se come ortofosfato. Ottime fonti di fosforo sono dunque l’acido ortofosforico 85 % (61,5 unità di P2O5), il Map 12/61 e l’MKP (0/52/34)
    • Il potassio è preferibile sia esente da cloruri ( cioè non deve provenire da cloruro di potassio) e questa caratteristica deve per legge essere dichiarata in etichetta con la dicitura “ a basso titolo in cloro”; l’assenza di questa dicitura implica la provenienza del prodotto almeno in parte da cloruro di potassio e dunque la presenza di cloro in misura superiore al 2%. Il cloro è considerato dai tecnici “the hydden enemy” cioè il nemico nascosto, in quanto determina drastiche riduzioni di resa su molte colture senza evidenziare sintomi particolari se non una ridotta crescita.
Il potassio può dunque provenire da nitrato potassico o da solfato potassico; in forma di nitrato è più solubile e apporta solo azoto nitrico e potassio in un rapporto ottimale di 1:3,5; se poi è in forma acida come il Nippon pHast acidifica anche la soluzione e migliora ulteriormente solubilità e assorbimento.
Se invece è in forma di solfato apporta anche zolfo e può essere anche fortemente acidificante, come il Solupotasse, permettendo di correggere il pH della soluzione, apportando potassio esente da cloro in buone quantità (50 %) senza aumentare la dotazione azotata (molto utile nelle fasi finali del ciclo produttivo).
E’ possibile e anzi utile miscelare Nippon e Solupotasse direttamente in vasca per ottenere un “solfonitrato potassico” che unisce le caratteristiche di pregio dei due prodotti: azoto tutto nitrico, potassio esente da cloro, alta solubilità, pH basso, zolfo.
Se si preferisce usare un prodotto liquido, il potassio esente da cloro può derivare anche da carbonato di potassio che però ha pH elevato, o da potassio tiosolfato, che apporta anche zolfo.

  • Il magnesio deve essere solubile , e dunque le forme preferibili sono il solfato di magnesio eptaidrato , con il 16 % di MgO oppure il Nitrato di Magnesio, solubilissimo, con azoto nitrico, e con il16 % di MgO.
  • Il calcio può essere apportato in fertirrigazione con il Nitrato di Calcio che apporta anche azoto in forma nitrica e in piccola parte ammoniacale. Ne esistono vari formulati, di maggiore o minore solubilità e purezza. Calcinit è oggi il migliore in commercio . Può anche essere liquido, come Prima Nica , e in questo caso l’azoto è tutto ammoniacale e il pH basso. Se non si vuole azoto si può impiegare Kitasal che è un calcio complessato con acidi poliidrossicarbossilici, studiato per la fertirrigazione.
  • Lo zolfo è un elemento importante, che può venire apportato con il Solfato di potassio, e con il solfato di magnesio.
  • I microelementi, se non già presenti come in un concime completo, devono essere somministrati in fertirrigazione. E’ bene impiegare un prodotto che , come il Tarssan, contenga buone quantità dei singoli elementi in rapporto già bilanciato per le colture e in forma chelata per garantire la massima disponibilità e il migliore assorbimento.
  • Alcuni microelementi vanno poi incrementati in alcuni momenti del ciclo produttivo .
Ad esempio il Ferro che può essere impiegato in forma di chelato EDDHA 6%, considerando che la forma orto/orto, oggi dichiarata in etichetta, è la parte più resistente alla retrogradazione che avviene nei terreni a pH maggiormente alcalino, ma che contenuti di questa frazione superiori al 3 % sono già più che sufficienti a garantire all’utilizzatore una ottima efficacia del prodotto senza bisogno di spendere cifre troppo elevate per chelati a maggior contenuto di orto/orto.
  • un discorso a parte meritano i concimi completi che , prodotti con tutte queste migliori materie prime da Aziende specializzate garantiscono in rapporti ottimali per le varie fasi e per tutte le colture tutti gli elementi nutritivi necessari.
Questi NPK, come i nostri Polyfeed o Unisol, vantano una solubilità superiore agli altri fertilizzanti e dunque consentono di concentrare maggiormente le soluzioni madri.
Avendo un rapporto NPK prestabilito, contenendo Magnesio e microelementi chelati con un rapporto bilanciato, rendono estremamente facile ed efficace la pratica della fertirrigazione, anche con l’uso di strumenti poco sofisticati come una semplice pompa dosatrice idraulica.
Il pH e la conducibilità di questi prodotti sono controllati e garantiti e permettono una gestione facile e accurata delle soluzioni.
  • Concimi organici come Humilig ( acidi umici da leonardite )
O Fulvin ( acidi fulvici ) sono molto utili in fertirrigazione perché consentono di migliorare in modo evidente le caratteristiche fisico chimiche del suolo interessato dalla fertirrigazione con l’uso di dosi basse, dell’ordine di 40-60 litri /ettaro, non consuete nelle tradizionali concimazioni organiche.
  • Altri fertilizzanti specialistici possono essere applicati in fertirrigazione in momenti particolari del ciclo produttivo, o meglio per via fogliare, per ottenere la massima efficacia: è il caso di Capfol ( calcio e fosforo acido) o di Alcygol B2M o Algadul ( alghe alla ripresa vegetativa o dopo uno stress), Boronia in prossimità della fioritura, Cuajemax per favorire l’allegagione; Engormax per l’ingrossamento dei frutti,e cc.)
  1. Modalità, quantità e tempi
Prima di tutto occorre conoscere quando e quanto dobbiamo irrigare.
Per decidere quando si usano vari sistemi, più o meno empirici.
Il più diffuso è l’esperienza, che spesso induce in errore perché le maggiori esperienze si hanno con una tecnica completamente differente che è quella della irrigazione a pioggia.
Con questa tecnica tendenzialmente si prolunga il più possibile l’intervallo tra una irrigazione e la successiva, distribuendo ogni volta più acqua di quella che servirebbe per cercare di garantire una disponibilità nel tempo. Così si interviene quando la pianta è già in sofferenza idrica e si distribuisce un quantitativo che inizialmente determina asfissia radicale per la troppa acqua e la conseguente ridotta ossigenazione, e progressivamente causa un sempre maggiore deficit idrico, fino alla successiva irrigazione.

Con l’irrigazione a goccia il concetto chiave è di somministrare alla colture i corpi idrici necessari, tendenzialmente giorno per giorno, o addirittura più volte al giorno.

Anche alcuni modelli tecnici vengono in aiuto, come i dati degli evaporimetri, sui quali Centri di ricerca hanno sviluppato modelli matematici con buona valenza pratica: è il caso della formula di Blaney Criddle, che suggerisce di intervenire sulla base dei dati misurati di evaporato dal suolo e di traspirazione delle colture, corretti con determinati coefficienti colturali..

Un sistema poco usato ma molto semplice ed efficace è quello che si basa sull’uso di tensiometri , che sono in pratica radici artificiali che indicano lo sforzo esercitato dalla pianta per assorbire acqua.
Una stazione tensiometrica è di solito costituita da 2 sensori che operano a due distinte profondità; quello superficiale, in prossimità dell’apparato radicale assorbente, ci darà indicazioni sul “quando” irrigare, mentre quello più profondo ci indica quanta parte dell’acqua distribuita raggiunge strati di suoli non utilizzati dalle radici assorbenti, indicandoci eventuali eccessi e quindi “quanto” irrigare. 

Letture periodiche degli strumenti ci permettono anche di riportare i dati in una curva che esprime il comportamento dell’acqua nel suolo.
A titolo di esempio, si potrà semplicemente decidere di irrigare un frutteto ogni volta che il tensiometro più superficiale indicherà una pressione di 40 cb..
Il valore di intervento è variabile a seconda del tipo di suolo e del tipo di coltura.

Una gestione delle fertirrigazioni in base alla lettura dei tensiometri è un esempio di gestione molto avanzata della tecnica, perché ottimizza al massimo le risorse acqua e fertilizzanti.

Ogni volta che sarà necessario irrigare la soluzione adatta fase per fase verrà erogata per un tempo stabilito ( in base alle quantità totali volute)
Altro sistema, in verità più diffuso, è quello a calendario: nel senso che si decide di irrigare, sulla base di aspetti oirganizzativi aziendali, o di disponibilità di acqua, ogni 2 giorni o 3 o più.
Viene anche deciso ogni quanti interventi si pratica la fertirrigazione. Anche questo va bene, con l’appunto che più allunghiamo i tempi tra due successive fertirrigazioni e meno “gestiamo “ la coltura , tendendo a ridurre i frazionamenti..

In ogni caso vengono determinate le fasi colturali e vengono stabiliti i ritmi di assorbimento di ogni fase, ovvero i rapporti N-P-K-Mg-Ca-microelementi.
Poi le quantità necessarie in ogni fase in valori di Kg/ettaro, sulla base delle asportazioni per le rese attese, delle dotazioni, della concimazione di fondo effettuata, del previsto andamento stagionale.
Si suddividono le quantità della fase per il numero di interventi decisi in quella fase.

Se piove, si può decidere di fertirrigare lo stesso, oppure saltare uno o due interventi, magari recuperando sui successivi.

Se si impiegano concimi semplici o concimi di base occorre tenere in considerazione le loro caratteristiche di miscibilità( vedere tabella); se due concimi non sono miscelabili, o si usano in tempi diversi o si impiegano differenti cisterne di soluzione madre.

Se le acque usate sono dure, cioè molto ricche di bicarbonati, occorrerà prestare maggiore attenzione all’uso del fosforo, che potrebbe precipitare. In questi casi si preferisce ad esempio al Map 12/61 l’acido ortofosforico 85 %, che oltretutto permette di mantenere pulito l’impianto ; è però sconsigliabile il normale 54 % se contiene solfati, perché questi determinano la formazione di solfati di calcio insolubili.
Se si impiegano concimi completi si possono acidificare ulteriormente con l’aggiunta di acido ortofosforico o di Solupotasse, ma attenzione a non raggiungere nella vasca di soluzione madre pH inferiori a 4 che potrebbero distruggere la chelatura dei microlelementi. Alcuni di questi concimi, come gli Unisol, sono già acidificati.

Un pHmetro e un conduttimetro per il controllo delle soluzioni, anche economici ma in buona efficienza non dovrebbero mai mancare a chi pratica la fertirrigazione .
I concimi solubili si sciolgono più o meno rapidamente in base alla temperatura dell’acqua. Più calda è l’acqua e più rapidamente (oltre che in maggiore quantità) si sciolgono. Molti di essi però sciogliendosi sviluppano reazioni endotermiche: cioè abbassano drasticamente la temperatura dell’acqua
Questo determina solamente un allungamento dei tempi di preparazione della soluzione, che potrebbe essere migliorato usando acqua calda.
Per questo se possibile sarebbe bene ad esempio preparare la soluzione madre a metà della giornata che precede la fertirrigazione con l’acqua riscaldata dal sole; quando si scioglie il concime è bene riempire per metà di acqua la vasca, e poi immettere il concime insieme alla restante acqua, agitando la soluzione.

Per scegliere il giusto rapporto:
Conoscere e assecondare i ritmi di assorbimento della coltura.
Per decidere le quantità:
calcolare le asportazioni, e correggere le quantità risultanti in base ad alcuni parametri, come:

a) se non sono disponibili analisi del suolo :
occorre moltiplicare le richieste delle colture per fattori correttivi empirici a seconda del modo di applicazione:
N moltiplicare x 1,2 conc fondo 1,1 fertirrigazione
P moltiplicare x 2,25 1,6
K moltiplicare x 1,4 1,2

b) Se ci sono analisi del suolo:
occorre valutare:
1 ) contenuto di argilla
2) rilascio di azoto e contenuto di S.O.
Contenuto S.O:
Suolo sabbioso
0-10% argilla N
Medio impasto ( 10-20% argilla)
s. argilloso (20-50 % argilla)
0,5%
65
55
40
1%
77
65
55
2%
100
90
70
5%
168
157
140
7%
210
200
185
10%
280
257
240
Stima del rilascio di azoto in Kg/Ha/anno in funzione di sostanza organica e contenuto di argilla

3) Disponibilità del fosforo e pH : la disponibilità è massima a pH compreso tra 6 e 7; in suoli alcalini ( >7,5) , il fosforo è retrogradato dal calcio; in suoli acidi ( <6) è bloccato da ferro e alluminio
4) disponibilità di potassio e capacità di scambio cationico: più alta è la c.s.c. e maggiore è la capacità del suolo di trattenere e rendere disponibile il potassio

tempi e modalità:
decidere quanto fertilizzante distribuire con concimazione di fondo e quanto con concimazione in fertirrigazione
LIVELLI NPK nel suolo
Terreno sabbioso
Terreno medio impasto
Terreno argilloso
Carente
Solo fertirrigazione
Correzione con concimazione di fondo + fertirrigazione
Concimazione di fondo + fertirrigazione
Livello normale
Solo fertirrigazione
Solo fertirrigazione
Concimazione di fondo + fertirrigazione
Livello alto
Solo fertirrigazione
Solo fertirrigazione
Solo fertirrigazione

Correzione delle quantità in base al tipo di distribuzione

N
P
K
Fondo
10 %
40%
30%
fertirrigazione
90 %
60%
70%

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