Il termine ”fuori suolo” è generalmente impiegato per descrivere tutti i
sistemi di coltivazione condotti al di fuori del terreno e che utilizzano
l’acqua come veicolo di sostanze nutritive per le piante.
L’interesse che
queste tecniche di coltivazione stanno riscuotendo risulta legato alla
possibilità di ottenere buone produzioni sia dal punto di vista quantitativo e
qualitativo e di contenere in modo significativo l’impatto sull’ambiente.
L’attività di ricerca nell’ambito
delle colture idroponiche ha portato alla realizzazione di diversi sistemi
colturali, che si distinguono per i volumi e le modalità degli apporti idrici,
la gestione della nutrizione, la forma e la dimensione dei moduli di
coltivazione e la presenza o meno di un substrato di diversa natura.
La coltivazione e la fertirrigazione in fuori suolo ed in serra, richiede una maggiore professionalità dei tecnici e degli operatori
In figura 1 sono riportati i principali parametri da
misurare in serra, che è necessario conoscere e gestire.
I numerosi impianti, attualmente in
uso, sono riconducibili ai seguenti grandi gruppi:
- Sistemi di coltivazione senza
substrato, che non prevedono l’impiego di supporti organici o minerali per
l’ancoraggio delle radici delle piante. A tale gruppo appartengono l’NFT
(Nutrient Film Tecnique), l’aeroponia adatta per colture di limitato sviluppo
vegetativo (lattughe), dove la funzione di supporto delle piante viene svolta
da pannelli in materiale plastico e la coltivazione ”galleggiante” su vasche di
soluzione nutritiva (Floating System).
- Sistemi di coltivazione su
substrato, che prevedono l’impiego di un determinato volume di substrato
per garantire oltre all’ancoraggio delle radici anche un volano idrico-nutrizionale.
Questi ultimi si distinguono ulteriormente nei seguenti modi di coltivazione:
- su substrati naturali organici
(torba, cocco, vinacce, ecc.);
- su substrati naturali minerali
(pomice, lapillo, ecc.);
- su substrati derivanti da processi
industriali di espansione o fusione di rocce naturali (perlite, vermiculite,
lana di roccia, argilla espansa, ecc.);
- su substrati di produzione
industriale (poliuretano, polistirolo, ecc.).
In Figura 2, il contenuto di
acqua nei differenti substrati.
AD = Acqua disponibile AFD= Acqua facilmente disponibile
Source: Corso di fertirrigazione
e gestione del clima nelle serre del 8-9-10-11 novembre 2010. Docenti: Cecilia
Stanghellini, Alberto pardossi, Luca Incrocci, Silvio Fritegotto
Un altro raggruppamento delle
tecniche di coltivazione fuori suolo può essere fatto in base alla gestione
della soluzione nutritiva distinguendo due categorie:
- sistemi a ciclo aperto che
prevedono, ad ogni irrigazione, l’alimentazione delle piante con soluzione
fresca, senza recuperare la quota della stessa drenata dai moduli di
coltivazione;
- sistemi a ciclo chiuso che
invece prevedono il riciclo della soluzione di drenaggio, previa reintegrazione
dei valori di conducibilità elettrica e pH e disinfezione.
La tecnica basata su film nutritivo (NFT) rappresenta il sistema
classico di coltivazione idroponica.
Il principio della coltivazione NFT
consiste nel far circolare all’interno di moduli di coltivazione (canalette)
una soluzione nutritiva, in modo da creare un sottile film di 1 -2 cm in cui
risulta parzialmente immerso l’apparato radicale della coltura. Il sistema
prevede il recupero della soluzione che dopo aver apportato nutrimento a tutte
le piante viene convogliata in un serbatoio, per poi essere reimmessa in
circolo, previa reintegrazione, nei moduli di coltivazione. Il limite applicativo più grave è
rappresentato dalla difficoltà di realizzare coltivazioni a ciclo lungo (4-5
mesi) a causa dell’elevato sviluppo dell’apparato radicale, che risulta esposto
a precoce invecchiamento e alla perdita di funzionalità. Il ricircolo della
soluzione nutritiva e l’assenza del substrato rappresentano i principali pregi
del sistema NFT, in quanto consente risparmio di acqua ed elementi nutritivi,
riduzione di impatto ambientale ed elimina i costi del substrato.
La tecnica aeroponica trova ridotta applicazione a livello produttivo ed è rivolta soprattutto a specie orticole di limitato sviluppo vegetativo (lattughe) oppure per altre coltivazioni come la fragola e il crisantemo.
Le colture si sviluppano al di fuori di un substrato solido e la funzione di supporto delle piante viene svolta da pannelli di plastica o di polistirolo, disposti orizzontalmente o su piani inclinati, sostenuti da un’intelaiatura in tondino di ferro, in modo da creare dei cassoni chiusi di sezione quadrata o triangolare, all’interno dei quali si sviluppano le radici. L’apporto di acqua e nutrienti avviene per mezzo di una soluzione nutritiva, erogata direttamente sulle radici per mezzo di spruzzatori, inseriti opportunamente su di una tubatura in polietilene o polivinilcloruro (PVC), alloggiata all’interno dello stesso modulo di coltivazione.
Rispetto alla coltivazione NFT, la Areoponica consente una maggiore economia di acqua e di fertilizzanti, per i minori volumi impiegati; inoltre risulta migliore l’aerazione degli apparati radicali, che sono pero maggiormente esposti a stress termici, soprattutto nel periodo estivo.
Rispetto alla coltivazione NFT, la Areoponica consente una maggiore economia di acqua e di fertilizzanti, per i minori volumi impiegati; inoltre risulta migliore l’aerazione degli apparati radicali, che sono pero maggiormente esposti a stress termici, soprattutto nel periodo estivo.
La coltivazione su supporti galleggianti in vasche riempite di soluzione
nutritiva ha trovato diverse forme d’applicazione che si distinguono
essenzialmente per il volume della soluzione e per le modalità di ricircolo e
ossigenazione: Il Floating system
Prevede
la costruzione di vasche profonde 20-30 cm realizzate con l’impiego di
materiali di basso costo, se non scavate direttamente nell’interno della serra.
Dopo l’impermeabilizzazione con film
di polietilene, le vasche vengono riempite di soluzione nutritiva completa di
micro e macroelementi.
Tale tecnica viene principalmente utilizzata per la
produzione di specie da taglio e aromatiche, si presta bene anche per la
coltivazione del basilico.
Il supporto delle piante è
rappresentato da pannelli di polistirolo nei quali vengono ricavate delle
fessure coniche che contengono modeste quantità di substrato (perlite o
vermiculite) su cui viene disposto il seme.
Per la produzione di specie da
cespo (lattughe) anziché fessurazioni lineari, i pannelli presentano degli
alloggiamenti per il cubetto di semina.
Il sistema risulta particolarmente
interessante per i costi contenuti di realizzo e gestione, legati alla limitata
presenza di dispositivi automatici di controllo e correzione della soluzione
nutritiva. In pratica si bada a ripristinare il volume della vasca con acqua,
quindi a riportare la conducibilità elettrica EC e il pH ai valori di
riferimento con l’aggiunta di soluzioni madri concentrate.
L’unico controllo necessario durante
la coltivazione riguarda il contenuto in ossigeno, importante per lo sviluppo e
la corretta funzionalità delle radici (5-6 mg/litro di Ossigeno).
Le coltivazioni su substrato rappresentano le tecniche di
coltivazione fuori suolo che negli anni hanno trovato una maggiore applicazione
poiché richiedono una gestione più semplice rispetto ai sistemi senza
substrato.
Infatti, la possibilità di garantire un ancoraggio solido alle
radici riduce sensibilmente le varie cause di problemi in fase di produzione.
Un impianto di coltivazione su
substrato si realizza attraverso le seguenti fasi:
- preparazione della serra
- scelta del substrato
- realizzazione dell’impianto di
irrigazione
- gestione della nutrizione
La zona d’appoggio del substrato (lastre o sacchi) deve essere sistemata
in piano per evitare gradienti nel contenuto d’acqua all’interno del modulo.
In generale si può affermare che
coltivare fuori suolo non è cosa impossibile ma deve essere realizzata da
operatori con un buon livello di preparazione.
L’aspetto negativo è rappresentato
dalle temperature estive che risultano in genere tanto elevate da limitare lo
sviluppo della pianta anche a causa dell’eccessivo riscaldamento della
soluzione nutritiva.
E’ indispensabile quindi scegliere strutture di protezione
costruite in modo tale da limitare il problema, cioè facilmente ombreggiabili e
arieggiabili, sia dal colmo che lateralmente e di dimensioni tali da creare un
volano termico capace di mitigare i rapidi abbassamenti della temperatura nei
periodi invernali o le massime termiche nei mesi estivi.
In pratica il rapporto tra l’unita
di superficie protetta e il volume della serra deve essere di almeno 1 a 4.
La
copertura può essere di film plastico o di altro materiale come lastre rigide
di plastica o di vetro.
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