Sono ben felice di stappare, pardon, lanciare la bottiglia di Champagne sulla prua del transatlantico perchè il "novello" autore è un pezzo da 90!
Davide Di Palma sarà il nostro, e vostro, esperto nella gestione dei dati di campo e siccome vuole entrare, fin da subito, nel vivo ha deciso di presentarsi con un articolo quantomai attuale:
CALIBRIAMO L'IRRIGAZIONE
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Calibriamo l'irrigazione di Davide di Palma
Introduzione
Utilizzare al meglio l'irrigazione e soprattutto l'acqua disponibile non è solo un fatto di risparmio sulla bolletta o di sana educazione ecologica, bensì è un fattore determinante per la qualità della produzione agricola.
Dare infatti acqua in abbondanza o, peggio, in eccesso, può garantire la vita della pianta nei periodi più siccitosi, ma non è l'approccio corretto all'irrigazione e tanto meno alla sostenibilità ambientale e alla produzione di qualità.
Il fabbisogno di acqua da parte delle piante è funzione di numerosi fattori, non sempre ben identificabili o misurabili, quali il clima, la coltura, il terreno o altro.
Poter identificare con certezza il reale fabbisogno della pianta è l'obiettivo, che molti ricercatori negli anni si sono posti, fornendo soluzioni (e formule matematiche) diverse, sebbene sempre parziali o approssimate.
Un possibile approccio al problema, benchè parziale e non definitivo, è l'utilizzo di sensori di umidità del suolo per misurare nel terreno presso l'apparato radicale, l'effettiva quantità d'acqua presente e coordinare le modalità di irrigazione secondo questi dati.
Analisi della soluzione
I sensori di ultima generazione sono elettronici, ovvero trasformano una grandezza elettrica misurata nel terreno in un segnale analogico o digitale, che direttamente o indirettamente viene poi correlato con la quantità di acqua presente nel suolo.
In figura, ad esempio, viene riportato un sensore basato sulla tecnica FDR (Frequency Domain Response), che genera nel terreno un campo elettrico per valutarne la costante dielettrica; tale costante varia, secondo un determinato modello matematico, in funzione alla quantità d'acqua presente, di conseguenza si risale al contenuto volumetrico idrico del terreno (WVC).
Per poter funzionare al meglio, questi sensori devono essere ben a contatto con il terreno ed è consigliabile posizionarli nel punto del suolo desiderato e lasciarli stabilmente nei giorni, in modo da non alterare le condizioni di misura.
Per poter individuare delle soglie per attivare o disattivare il sistema di irrigazione, vengono inseriti nel suolo due sensori a due diverse profondità (uno in superficie e l'altro vicino all'apparato radicale); il sensore superficiale viene utilizzato per determinare la soglia di attivazione dell'impianto irriguo, mentre il secondo ne determina la chiusura.
Il concetto è molto semplice, ma vale la pena capirlo bene.
Il sensore superficiale è quello interessato per primo dai fattori ambientali, che portano ad asciugare il terreno: per questo motivo a lui viene affidato il ruolo di “sentinella”, ovvero si attiva l'impianto di irrigazione quando la superficie del terreno scende sotto una certa umidità, in modo da evitare che anche l'apparato radicale vada in deficit idrico.
Il sensore di profondità invece è necessario per determinare la chiusura dell'impianto, perchè una volta che l'acqua di irrigazione ha raggiunto completamente la parte radicale, ogni ulteriore goccia di acqua non può che essere superflua e persa per percolazione.
Si ottiene così un semplice metodo per migliorare la gestione dell'irrigazione, garantendo sempre un livello prestabilito di acqua nel suolo, ma evitando eccessi o deficit.
Pregi e difetti
L'utilizzo di sensori di umidità per determinare i turni di irrigazione è una soluzione molto semplice e pratica, che può essere adottata anche con investimenti economici molto ridotti e può dare benefici immediati.
Esistono però alcune controindicazioni o avvertenze che l'utente deve conoscere qualora si orienti verso questa soluzione.
In primo luogo, alcuni sensori di umidità possono fornire misure non indipendenti dal tipo di suolo in cui si trovano ad operare, ovvero al variare della composizione del terreno le misure possono essere tra loro discordanti, a parità di contenuto idrico; è necessario in questi casi effettuare una calibrazione del sensore in base al suolo scelto.
Inoltre, il fabbisogno idrico della pianta non è direttamente correlato con l'umidità del suolo, in quanto dipende anche da fattori ambientali e da fattori chimici del terreno; sarebbe più corretto parlare di acqua disponibile per la pianta, più che umidità del suolo, perchè non sempre coincidono.
Tuttavia l'enorme salto di qualità nella gestione irrigua (e il forte risparmio idrico) si ottiene passando da una gestione temporizzata dell'irrigazione ad una con l'utilizzo di sensori; le controindicazioni sopra espresse in merito ai sensori, sono da tenere in considerazione, qualora si voglia portare l'efficienza irrigua ai massimi livelli.
Un caso pratico
Per dare una idea di come una corretta gestione irrigua sia fondamentale per la pianta, riporto di seguito un caso estremo ma chiaro.
Il problema da risolvere era il seguente: in un ambiente molto estremo (terreno sabbioso, temperature fino a 50°C in estate), la calibrazione dell'impianto diventa vitale per evitare l'essiccazione della pianta.
Prima dell'utilizzo dei sensori di umidità del suolo, il regime irriguo prevedeva una irrigazione al giorno, mediante gocciolatori, con somministrazione di 20 lt per ogni gocciolatore (40 lt per pianta).
Il risultato di tale metodo era la perdita di oltre la metà delle piante nell'anno e l'impossibilità di fruttificare per le sopravvissute, sebbene 40 lt/pianta/die fossero la quantità stimata come sufficiente per compensare l'evapotraspirato.
Con l'introduzione dei sensori di umidità del suolo, si è potuto constatare che quel regime irriguo in realtà era inappropriato, perchè gran parte dei 40 litri somministrati venivano completamente persi per percolazione nel terreno, vista la scarsa capacità di ritenzione della sabbia.
Si è quindi provveduto a cambiare regime, somministrando la medesima quantità d'acqua nella giornata, ma suddivisa in 4-5 irrigazioni (8-10 litri/pianta ciascuna) al giorno, in modo da mantenere il terreno umido nella parte radicale, diminuendo lo spreco di acqua; come risultato generale di rilievo si è ottenuta la prima vera produzione di frutti sulla maggioranza delle piante in campo.
Nel grafico successivo si può apprezzare questa variazione irrigua: fino al 4 aprile le irrigazioni (in blu) erano 1, massimo due al giorno e l'umidità del suolo (in marrone) tendeva a scendere in modo inesorabile.
Dal 4 aprile le irrigazioni sono diventate più frequenti e meno abbondanti (i picchi sono più bassi) e l'umidità del terreno rimane costante nel tempo.
Le immagini sono gentilmente concesse da Netsens s.r.l.
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